CON IL FESTIVAL DEL CAMBIAMENTO DUE GIORNI DI DIBATTITI E APPROFONDIMENTI SUI PRINCIPALI TEMI DELLA NOSTRA QUOTIDIANITÀ

Si è chiusa oggi a Trieste la seconda edizione del Festival del Cambiamento, organizzato dalla Camera di commercio Venezia Giulia e The European House – Ambrosetti, con main sponsor BAT Italia e con il sostegno della Fondazione CRTrieste, della Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia e di Unioncamere, con il patrocinio della Regione Friuli Venezia Giulia, del Comune di Gorizia, del Comune di Trieste e dell’Università degli Studi di Trieste. Ieri la prima giornata si è svolta a Gorizia.

Intelligenza artificiale, transazione digitale ed energetica, i cambiamenti del mondo del lavoro e delle città, sono questi i temi principali affrontati dalla due giorni di lavori. A introdurre e moderare l’appuntamento questa mattina la giornalista e conduttrice Rai, Nunzia De Girolamo.

Antonio Paoletti, presidente della Camera di commercio Venezia Giulia, nel suo intervento iniziale, ha puntato soprattutto sull’intelligenza artificiale, “lo definirei il tema dei temi – ha sottolineato – che già ieri ci ha portati a una riflessione profonda e articolata. Da una parte spaventa uno scenario contraddistinto da macchine in grado di gestire l’uomo, ma sappiamo, e questo ci conforta, che a livello europeo si sta già parlando della necessità di una regolamentazione. Ed è un passo importante, nei confronti di una novità che corre molto veloce e che serve controllare con attenzione. Ma in questi giorni – ha detto ancora – si è parlato anche dei grandi cambiamenti che le nostre città stanno affrontando, su tutti i fronti, dal punto di vista economico, digitale, ambientale, sociale, in un confronto proficuo tra tanti esperti a livello internazionale”. 

Per Everest Bertoli, assessore del Comune di Trieste con delega alle Politiche Finanziarie “ci troviamo davanti a un momento complesso, un mutamento straordinario. Per affrontare le sfide e i cambiamenti ai quali andiamo incontro sarà fondamentale fare sistema, solo così usciremo più forti da questa fase”. 

Giuseppe Tripoli, segretario generale di Unioncamere, ha spiegato che “il 70% delle PMI del mondo prevede di aumentare la spesa in tecnologie entro il 2026. Digitale e green sono i grandi motori del cambiamento in atto a livello globale. Ma come tutte le grandi trasformazioni, richiedono investimenti ingenti: le stime dicono che per avere un’economia a emissioni zero nel 2050 sarebbero necessari investimenti mondiali per quasi 300 trilioni di dollari. Per portare a compimento queste trasformazioni sono indispensabili competenze professionali specializzate, di cui in Italia si avverte la carenza, visto che la quota di assunzioni programmate dalle imprese considerate di difficile reperimento nel 2022 ha raggiunto il 40%. Malgrado queste grandi evoluzioni in atto e uno scenario internazionale ancora fortemente incerto, un terzo delle imprese italiane prevede un aumento della produzione nel 2023, a fronte del 6,9% che pronostica una sua diminuzione. Anche le nostre esportazioni, aumentate negli ultimi dieci anni del 60,1%, potrebbero continuare a crescere quest’anno, visto che il 30,1% delle aziende italiane si attende un aumento delle vendite all’estero (a fronte dell’8% che prevede una diminuzione)”.

“Il cambiamento è già in atto – ha evidenziato il governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, – gli equilibri globali stanno cambiando totalmente, su questo la nostra regione, il nostro Paese e l’Europa tutta, devono trovare la via per garantire lo sviluppo, i rapporti commerciali per tutti e una stabilità prospettica basata sulle forti relazioni tra i Paesi occidentali. Dobbiamo difendere le nostre filiere produttive, avere la garanzia che le nostre produzioni abbiano approvvigionamenti certi e non dettati o voluti, o negati, da Paesi che hanno poco a che fare con la democrazia. Questo vuol dire difendere il nostro modello imprenditoriale industriale e difendere il nostro modello lavorativo e sociale”.

Ricordando gli investimenti attuati sul territorio, Andrea Di Paolo, vicepresidente di BAT Trieste, ha spiegato che per l’azienda “cambiamento a Trieste significa Innovation Hub, il polo che abbiamo avviato qui e che realizza solo prodotti di nuova generazione, una sfida sulla quale stiamo puntando molto, con 500 milioni di euro e più di 2700 posti di lavoro tra diretti e indiretti. Per le tematiche affrontate, legate proprio a innovazione e cambiamento, abbiamo sposato subito il festival, come mai sponsor”.

Paolo Sant’Angelo, segretario generale della Fondazione CRTrieste, ha rimarcato come il cambiamento “sarà il motore dello sviluppo economico del nostro territorio, che è pronto per far fronte alle nuove sfide, e per questo la fondazione sostiene il festival ed è orgogliosa di aver contribuito a realizzare l’evento”, mentre Rossella Digiusto, direttore generale della Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia, ha definito il festival “un momento strategico per tutta la nostra società, perché è chiaro che questo cambiamento radicale e veloce che ci coinvolge, e che stiamo già cavalcando, richiede l’apporto di professionalità specifiche. Comporterà una riorganizzazione generale, da realizzare in modo consapevole, e lo possiamo fare solo lavorando tutti insieme, portando ognuno le proprie competenze”. 

Gli interventi della prima parte della seconda giornata si sono chiusi con il videomessaggio di Vannia Gava, vice ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica. In un passaggio della sua riflessione, ha sottolineato che “il tema della transazione ecologica rappresenta una grande sfida da affrontare insieme, verso un percorso ambizioso e impegnativo, che sappia coniugare la tutela ambientale con lo sviluppo economico e sociale”.

Presentata quindi l’indagine di The European House – Ambrosetti al sistema produttivo in Venezia Giulia: le strategie per la gestione del carbon footprint e dei criteri ESG, a cura di Lorenzo Tavazzi, partner e Responsabile Area Scenari e intelligence di The European House – Ambrosetti. Questi in sintesi i risultati emersi. La sostenibilità è sempre più centrale nelle politiche internazionali: dal 2015 le Nazioni Unite hanno introdotto i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG), che sono diventati uno strumento fondamentale per valutare i progressi dei Paesi verso la sostenibilità e orientare le decisioni politiche e la sostenibilità è uno dei pilastri delle azioni programmatiche dell’Europa già da prima delle scoppio della pandemia: in Italia, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) destinerà alla transizione verde una cifra quasi equivalente alla somma dei finanziamenti di Francia, Spagna e Germania messi insieme. La sostenibilità rappresenta anche un’opportunità per le imprese, poiché agisce come un fattore attrattivo e competitivo grazie al crescente interesse dei consumatori verso le scelte sostenibili delle aziende, così come degli investitori, che sempre più prediligono gli investimenti in imprese conformi ai fattori ESG (ambientali, sociali e di governance).

“Per comprendere come le imprese italiane percepiscono e affrontano le sfide della sostenibilità – ha detto Lorenzo Tavazzi – abbiamo condotto una survey in Italia, in Friuli-Venezia Giulia e nei suoi due territori dalla quale emerge che il sistema imprenditoriale considera la sostenibilità come una priorità strategica: il 68,1% delle imprese la giudica un fattore chiave per il rafforzamento della propria attrattività e sviluppo.”  Tuttavia, ci sono ritardi nell’adattamento delle strategie: meno del 10% delle imprese italiane si posiziona al di sopra della media di settore per quanto riguarda l’attuazione di iniziative legate ai fattori ESG. Inoltre, le imprese identificano 10 problemi nella realizzazione delle misure di sostenibilità, tra cui l’elevato costo delle certificazioni ambientali, gli eccessivi adempimenti burocratici, la complessità delle norme e la scarsa disponibilità di informazioni. “Nonostante queste criticità, dall’indagine presentata oggi a Trieste emergono elementi che restituiscono una prospettiva positiva per il futuro – ha aggiunto Tavazzi – L’emergenza pandemica ha aumentato la sensibilità verso il fenomeno (in media, 3 imprese su 10 sia in Italia che in Friuli-Venezia Giulia si sono interessate alla sostenibilità dal 2022 in poi) e 3 imprese italiane su 5 hanno avviato iniziative legate alla sostenibilità sociale, con valori superiori in Friuli-Venezia Giulia (57,9%) e in Venezia Giulia (60,5%).” Nel prossimo biennio, 3 imprese italiane su 5 (4 su 5 in Friuli-Venezia Giulia) prevedono investimenti in sostenibilità in linea o superiori rispetto al periodo precedente. 

Si è parlato poi del cambiamento nei modelli di produzione e consumo, con un focus sulla transizione verde. Un panel che ha visto in apertura il videomessaggio di Edoardo Rixi, vice ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. “Per noi è fondamentale accettare le nuove sfide che oggi si presentano in modo sempre più accelerato rispetto in passato. –  ha dichiarato – Negli ultimi decenni è cambiato il modo di fare turismo, la mobilità, il sistema logistico del Paese. E tra le nuove sfide c’è la cyber security che riguarda non solo la difesa o gli elementi sensibili del Paese, ma anche i sistemi di trasporti di massa e le infrastrutture. A tutto questo si è aggiunta anche la trasformazione climatica, che ha messo a dura prova proprio il nostro sistema infrastrutturale, che è uno dei più complessi in Europa. In quest’ottica bisogna capire oggi gli interventi da mettere in campo nei prossimi anni, in particolare per rendere resiliente il nostro sistema logistico, e ciò che riguarda i flussi di persone e merci”. 

Enrico Giovannini, Fondatore e direttore scientifico dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis) ha notato come dallo studio presentato da Ambrosetti emerga che le imprese sono pronte al cambiamento sul fronte della transizione ecologica. “Alcune imprese ci credono – ha detto – ma sarebbe importante che tutto il sistema produttivo italiano andasse in questa direzione, perché ritardare il cambiamento significa perdere competitività. E le imprese che sono andate in questa direzione hanno guadagnato in produttività e redditività”. L’Unione Europea negli ultimi 4 anni ha spinto molto nella direzione della transizione ecologica “ma è importante che il sistema italiano si adatti rapidamente alle nuove regole di rendicontazione – sono ancora parole di Giovannini – perché il 50% delle Pmi non sa nulla di questo cambiamento ed è quindi necessario l’intervento delle associazioni di categoria e delle Università per aiutare i territori ad andare in questo senso. Le Università sono chiamate a lavorare di più con i territori verso una transizione sostenibile”.

Il cambiamento nei modelli di produzione e di consumo verso la transizione verde hanno visto tra i protagonisti anche Adnan Shihab-Eldin, che tra i vari ruoli è già stato anche segretario generale dell’Opec, e Juan Alayo, architetto, docente ma che ha diretto la pianificazione di Bilbao Ría 2000. Shihab-Eldin ha ricordato quanto in Europa sia diventato fondamentale l’energia rinnovabile, puntando a una sicurezza energetica che non faccia più affidamento solo su una fonte energetica. Ricordando i tre motori della decarbonizzazione, ovvero la sicurezza, l’equità, la sostenibilità, ha sottolineato quanto “l’America del Nord e l’Europa negli ultimi anni stiano migliorando dal puto di vista della transizione energetica puntando su fonti “verdi” piuttosto che su petrolio e carbone”. Se da un lato l’eolico e il solare saranno le principali fonti per il futuro, dall’altro per Shihab-Eldin va “applicato il modello dell’economia circolare a quello dell’energia circolare, evitando il rischio di affidarsi solo a 1 o 2 fonti energetiche”.

Un ripensamento va fatto anche sulle città, dove sono concentrate le infrastrutture pubbliche. “Più di metà della popolazione mondiale vive nelle città – ha detto Juan Alayo – e il 75% del consumo energetico avviene proprio nelle città. Città la cui superfice è quadruplicata negli ultimi 30 anni. E in Friuli Venezia Giulia seppur con un +0% di aumento della popolazione, è stato registrato un +26% nella superfice costruita”. Se ormai ci troviamo difronte a un diritto alla mobilità che non viene più garantito, è necessario, ha affermato Alayo, porre “grande attenzione all’accessibilità”.

Antonio Scipioni, Professore Onorario di Life Cycle Assessment, University of Southern Denmark, Fondatore del primo Master in Gestione Ambientale Strategica, all’Università di Padova, ha affrontato il tema di “come collegare i cambiamenti con la sostenibilità e una cultura di impresa consolidate. Serve leggere questo tipo di sviluppo non solo come un fatto etico, ma anche come un’opportunità per le imprese di essere più competitive, in un mercato che chiede sempre una maggior capacità di resilienza”. 

Nell’ultimo panel, moderato da Roberta Giani, direttrice del quotidiano Il Piccolo, spazio al cambiamento nella scienza, alla transizione digitale e agli impatti dell’intelligenza digitale sulle imprese.

Andrea Romanino, direttore di SISSA, Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati, ha ricordato che anni fa è stato introdotto un dottorato proprio su intelligenza artificiale “il nostro ruolo, come quello dell’accademia in generale, è importante in questo periodo di veloce cambiamento, per saperci adattare nella didattica ma anche per sapere partecipare a una riqualificazione del mondo del lavoro, affinché le persone abbiano in mano gli strumenti per affrontare un futuro in cui l’intelligenza artificiale, se non sarà dominante, sarà sicuro significativa”. 

Elena Bonetti, deputata, già ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia Deputy, in videocollegamento, ha subito sottolineato “l’ottima decisione di inserire nel festival un dibattito sull’intelligenza artificiale, una scelta incisiva, che permette di entrare nel cuore delle transizioni che stiamo vivendo”. Ha parlato quindi di “fenomeni veloci che da un lato fanno esplodere potenzialità enormi, ma che dall’altro vanno interpretati, per essere governati e gestiti. Servono nuove regolamentazioni normative, per non essere travolti”. Due i punti di riflessione proposti, in primis l’esigenza, secondo Bonetti, “di cambiare il paradigma formativo ed educativo e quello culturale con cui affrontiamo il tema dell’intelligenza artificiale. Devono esserci percorsi curriculari e formativi, fin dalla scuola dell’infanzia”. E poi la necessità di “fare attenzione a evitare le discriminazioni. L’intelligenza artificiale può essere un’occasione straordinaria anche a livello sociale, ma può essere anche un buco nero della democrazia. Perché questo non accada, le competenze di base non devono essere destinate a fasce sociali differenziate”.

Joaquín Almunia, della “Paris School of International Affairs”, ha ricordato come “la tecnologia pervade ormai da tempo ogni ambito della nostra vita quotidiana, penso ai computer, ai telefonini. L’intelligenza artificiale ci mette davanti a nuove possibilità e a nuovi rischi, in una rivoluzione che è già in iniziata”. 

L’applicazione dell’intelligenza artificiale nella medicina è l’argomento affrontato da Mauro Giacca, direttore Scuola di Medicina Cardiovascolare al King’s College di Londra, un ambito, il suo, dove “sta prendendo piede in modo straordinario, soprattutto nella gestione delle immagini che provengono dal mondo radiologico e poi – ha aggiunto – grazie all’intelligenza artificiale riusciamo a disegnare la struttura delle proteine, e con questa conoscenza possiamo trovare molecole, quindi potenziali nuovi farmaci, che conducano a nuove strategie per malattie attualmente incurabili”. 

“All’interno di BAT l’intelligenza artificiale è già applicata in vari settori – ha riferito Francesca Romana Saule, Europe digital marketing growth Hub Lead di BAT – è diventata pervasiva all’interno della nostra filiera, in tutte le fasi, dall’inizio, con progetti che riguardano gli agricoltori, e poi nei vari processi della produzione, fino a alle nuove tecnologie di digital marketing applicate alla comunicazione e al rapporto con il consumatore”. 

“L’umanità sta vivendo tre rivoluzioni, in contemporanea – ha invece detto Riccardo Illy, presidente del Polo del Gusto del Gruppo Illy – la globalizzazione, quella che riguarda le fonti energetiche e quella digitale, tutte e tre porteranno benefici, già li hanno portati. In particolare quella digitale, se sapremo regolarla in maniera adeguata, porterà ancora grandissimi benefici all’umanità”.